Lo sport è passione, gioia e dolore, sentimenti contrastanti e forti, ma dietro c’è molto di più e spesso uno di questi sentimenti viene quasi mascherato.
Guadalajara ‘86
Ai mondiali del 1986 disputati in Messico, il 21 giugno, si tennero i quarti di finale tra Brasile e Francia. Una partita destinata a rimanere nella storia, per la tensione e per la combattività degli uomini in campo, che sotto un torrido sole messicano diedero vita a un’impresa durata 120 minuti.
La Francia andò subito in svantaggio con il goal di Careca al ventesimo circa, ma dopo altrettanti minuti rispose con Platini. Pareggio, tutto ancora da decidere in un equilibrio ristabilito, palla al centro. Lo sport insegna però l’imprevedibilità meglio di qualunque altra cosa, infatti la situazione sembrò cambiare col rigore assegnato al Brasile, con Zico che dal dischetto però sbaglia. Ecco un’altra, una delle tante, concezioni di imprevedibilità che insegna lo sport.
Si andò quindi ai supplementari, poi ai rigori. Iniziò il Brasile con Socrates che non centra la porta, quasi l’anteprima della fine. La Francia partì invece subito bene con Stopyra, il Brasile rispose e da Alemao in poi segna, addirittura con la rivincita di Zico per il rigore sbagliato poco prima. La Francia quasi perfetta, anche con la discussa convalida del rigore di Bellone, fino a Platini, che con un errore riaprì tutto, un ulteriore pareggio. Restavano due rigori, sul 3-3, per il Brasile era il turno di Julio Cesar, che purtroppo centra un palo angolato. La resa dei conti era nelle mani di Fernandez per la Francia, il francese mette a segno il goal dell’ingresso in semifinale.
Questa partita resta nella storia non solo a livello sportivo, ma anche nazionalistico, lo sport da sempre nasconde sentimenti di questo tipo dietro la competizione, e i mondiali ne sono forse l’esempio più lampante. Brasile-Francia però, è collegata a un altro evento sportivo dello stesso anno, che la rende ancor più pregna di significato.
Detroit ‘86
Il giorno dopo, negli Stati Uniti si tenne invece il Gran Premio di Detroit per la Formula Uno. Una gara che viene ricordata ancora oggi per il risultato, collegato proprio a quei quarti di finale di calcio e a quel sentimento nazionalistico dello sport. Quel giorno Ayrton Senna partì dalla pole, un brasiliano già in una posizione di vantaggio non indifferente.
In gara la partenza fu combattuta tra Mansell e Senna, l’inglese inizialmente in testa, però, venne superato in pochi giri a causa di alcuni problemi meccanici scivolando man mano dietro ai francesi Arnoux e Laffite, con Senna sempre combattivo, che si fermò poi ai box per un pit stop post foratura, rientrando ottavo. A metà gara circa in testa c’era un nuovo leader, un altro brasiliano, Nelson Piquet. L’ordine era proprio Brasile – Francia con Piquet, Senna, Prost.
Poco dopo Senna superò Piquet restando primo grazie al vantaggio accumulato e sfruttato nel pit stop necessario, il connazionale poi commise un errore e fu costretto al ritiro, restò in gara Senna seguito da Laffite, il quale passò Prost, ancora Brasile-Francia per il podio, la gara finì poi proprio così.
Senna con la sua Lotus nera e oro storica, si fece dare una bandiera del Brasile da uno dei marshal, sventolandola al giro celebrativo in pista. L’eroe brasiliano, secondo molti, venne battezzato tale proprio quel giorno, per aver ridato a un paese la rivincita e l’orgoglio sportivo immediatamente, regalando quella felicità che un giorno prima sembrava ormai perduta.