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Bartali e la sua medaglia appesa all’anima

L’eroe su due ruote che andò oltre il ciclismo

“Il bene si fa ma non si dice, e certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca” – Gino Bartali

Qualche giorno fa mi è saltata alla mano una cartolina che raffigura una delle immagini più iconiche della storia dello sport italiano, “Il passaggio della borraccia”. Visto che è passato da poco il Giorno della memoria ho preso la palla al balzo per raccontarvi una vicenda che è un perfetto punto d’incontro tra storia e sport.

Gino Bartali è stato uno dei migliori ciclisti della storia, tra i suoi successi spiccano le tre vittorie al Giro d’Italia (1936, 1937 e 1946) e le due vittorie al Tour de France (1938, 1948).

Rivali in pista, amici nella vita

La rivalità che caratterizzò gran parte della sua carriera fu quella con Fausto Coppi, durante l’epoca d’oro del ciclismo. Per darvi un’idea, l’equivalente italiano di “preferisci Messi o Ronaldo?” negli anni ‘40 era “preferisci Bartali o Coppi?”. La rivalità tra i due si estendeva anche al di fuori del ciclismo, vista l’idea degli italiani secondo la quale i due avessero posizioni politiche e sociali totalmente opposte. Bartali era il campione del popolo, cattolico e figlio della tradizione popolare, Coppi manteneva un atteggiamento più sovversivo, e al contrario del rivale era laico. Infatti durante quel periodo i due ciclisti arrivarono persino a diventare i simboli dei due partiti politici di maggioranza, Bartali era “democristiano” mentre Coppi era “comunista”.

Nonostante la grande rivalità i due corridori quando non si trovavano sulle strade erano grandi amici (come si può notare anche dal video)

La storia di oggi però si concentra su Bartali, e si pone l’obiettivo di dimostrare come la leggenda di “Ginettaccio” vada ben oltre lo sport.

All’inizio degli anni ’70, secondo delle indiscrezioni, Bartali aveva avuto un ruolo da “staffetta” durante il periodo fascista, ciò significa che si ipotizzava che avesse trasportato documenti d’identità falsi per salvare intere famiglie di ebrei.

Dopo circa 20 anni si venne a sapere che il campione toscano aveva raccontato i suoi trascorsi solo al figlio Andrea e ad alcuni amici, e si era raccomandato di mantenere il segreto. Per questo motivo la ricostruzione di questa storia riuscì ad essere completata solo diversi anni dopo, grazie ad alcune testimonianze.

Dalle gare alla guerra

Bartali era amico dell’Arcivescovo Angelo Elia Dalla Costa, uno dei principali affiliati della Delegazione per l’assistenza agli immigrati, un’organizzazione clandestina che forniva aiuto agli ebrei che tentavano di sfuggire alla dittatura fascista.

Secondo le varie fonti consultate, nel periodo che intercorre tra il settembre 1943 e il giugno 1944, nella zona tra Assisi e Firenze dove Bartali era solito allenarsi, il campione italiano trasportava documenti falsi nella canna del manubrio e nel sottosella. Durante i controlli si raccomandava con le forze dell’ordine di non toccare la bicicletta, in quanto “era stata calibrata in maniera molto precisa” per le corse.

Bartali

Tra i principali testimoni ci sono Giulia Donati e Renzo Ventura, entrambi hanno detto che i documenti falsi che gli permisero di salvarsi vennero consegnati alle loro famiglie da Bartali in persona. Un altro caso rilevante è stato quello della famiglia Goldenberg, i quali erano amici di Armando Sizzi, cugino di Bartali. Shlomo Goldenberg, che all’epoca era un bambino, disse che una volta incontrò il ciclista assieme a suo cugino, e che egli gli regalò una foto con dedica e una bicicletta. I Goldenberg vennero aiutati quando Bartali e Sizzi gli diedero un loro scantinato per utilizzarlo come rifugio.

Bartali in soli 10 mesi contribuì a salvare circa 800 ebrei grazie ai suoi “allenamenti”, infatti venne ricercato anche dalla polizia fascista, ma si nascose per 5 mesi a Città di Castello

Grazie ai suoi atti eroici Bartali nel 2012 venne riconosciuto come “Giusto tra le nazioni” (cioè un non-ebreo che ha contribuito a salvare degli ebrei durante la persecuzione nazista), inoltre ha ricevuto anche una medaglia d’oro al merito civile nel 2005.

Questo è un piccolo passaggio della grande storia di Gino Bartali. Che con una bicicletta è riuscito a diventare un’icona popolare e politica, un eroe e, secondo alcuni, anche ad evitare una possibile guerra civile. La semplicità di un campione del popolo, incarnata in “quel naso triste come una salita” e “quegli occhi allegri da italiano in gita”, come cantava il grande Paolo Conte.

In caso vogliate approfondire la storia di Gino Bartali un buon punto di partenza è la mini-serie “Gino Bartali – L’Intramontabile”, nella quale Bartali è interpretato da Pierfrancesco Favino.

Articolo scritto da Sebastiano Di Biase

Tutti mi chiamano Seba. Sono cresciuto sui pattini a rotelle e sono da sempre un malato di sport. Mi piace viaggiare, leggere, scrivere e ascoltare musica, sogno di diventare un giornalista sportivo.

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